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giovedì 9 ottobre 2025
MONT VENTOUX !!!
La salita in bicicletta alla vetta del Mont Ventoux, il gigante della Provenza Francese, è un idea a cui pensavo da anni e ogni volta che la tappa del tour de France passava di lì, questa idea diventava una necessità.
Quest’anno é quello giusto, l’ho capito subito: 2 amici motivati, Alberto e Dario, con cui condividere le gioie e le fatiche dell’ascesa, la consapevolezza che certe cose non le puoi sempre rimandare, un domani potresti non essere più in grado di farle.
E così nelle ultime 2 settimane ho monitorato il meteo locale, specie quello in vetta, d’altronde se il monte si chiama così, il vento mica lo puoi sottovalutare…
Lunedì 6 ottobre sembra proprio che in vetta ci saranno al massimo raffiche a 35kmh e allora è deciso, si parte: la sfacchinata prevede la partenza alla domenica, l’ascesa la mattina del giorno dopo, per poi tornare immediatamente a casa, 1000km c.a di auto.
Fissato il campo base in un B&B di Bedoin, località da dove parte uno dei 3 versanti della salita (il più duro e famoso), purtroppo apprendo che Dario non sarà con noi, un forte mal di schiena glielo impedisce, da trio Lescano ci riduciamo al duo di Piadena.
Partenza alle 08.30 dunque, un paio di ore dopo siamo alla frontiera del Monginevro: passata l’ispezione dei doganieri Francesi presenti, armati e scrupolosi, entriamo in Francia in un’ampia valle che ci porta sino a paese di la Saulce, dopo aver attraversato il ponte sul bel lago di Serre Poncon.
Da qui in poi e sino a Bedoin è viabilità secondaria, attraverso passi e gole in stile mangia e bevi, un susseguirsi di paesini dove non si vede in giro nessuno, pochissime attività, solo tanta natura tutto intorno.
Sopravvissuti a una pizza Francese incontrata lungo la strada, a una trentina di km dalla meta, svoltata una curva, ecco che la bianca e arida vetta del monte ci appare improvvisamente, lontana e maestosa, non nego che mi sono un po’ emozionato: con questa visione nella testa e negli occhi arriviamo dunque a Bedoin, caratteristico paesino di 3000 anime sito a sud-ovest del monte: l’ascesa alla vetta é possibile anche da Malaucene (leggermente meno dura) e da Sault, che dicono sia più lunga ma un po’ più facile.
Preso possesso della camera a noi riservata in un caratteristico e originale B&B, proprio nel centro del paese, ci siamo dedicati ad una visita del centro, molti i negozi di biciclette presenti; ogni qual volta però che dalle vie s’intravedeva la sommità del monte, il pensiero correva all’indomani, quando finalmente saremmo saliti.
Tra me e la salita ci si è messa però una cena tragica: complice la scarsa conoscenza della lingua, anziché quella che credevo una bistecca mi è arrivata della carne trita marinata: l’orgoglio mi ha impedito di rifiutarla ed il risultato è stata una notte insonne con un elefante sdraiato sullo stomaco.
Il lunedì, dopo una leggera colazione, alle 09.00 abbiamo inforcato le biciclette e siamo partiti, personalmente non mi sentivo in gran forma: nella ricognizione a piedi della sera prima avevamo visto, proprio all’inizio della via che dal centro conduce al monte, una splendida fontana, dove avevamo deciso di prendere acqua per le borracce e lì ci siamo fermati.
Sul lato opposto del drago verde, quello che non avevamo avuto modo di notare il giorno prima, abbiamo poi trovato la scritta “eau non potable”; noi ovviamente avevamo già fatto il pieno e sciolto le polveri, che fare?
Alberto ha risolto il problema: non mi hai detto che il tratto nella foresta dura 10km? Si. Bene, in caso di cagotto abbiamo un enorme bagno a disposizione!
Sotto questo splendido auspicio è iniziata finalmente la salita, la vetta sopra di noi appare lontana e irraggiungibile, la guardiamo dal basso con timore reverenziale, per fortuna i primi 5km sono di pendenza moderata, mai sopra il 6%: diverso il discorso appena si entra nella foresta, il tratto che porta sino allo Chalet Reynard, dove la strada che sale da Bedoin incontra quella che giunge da Sault.
Questo tratto si è rivelato il più duro del tragitto, la penddenza mai inferiore al 10% se non per brevi tratti, più spesso l’11-12%, ad Ottobre però il caldo non è un problema e in lungo non si sta male.
Temendo il forte vento dell’ultima parte, siamo saliti agili e senza forzare, per conservare un po’ di energie: praticamente sempre soli, pochi i ciclisti incontrati che scendevano in direzione opposta a gran velocità e che ci chiedevamo a che ora fossero partiti.
In questo tratto io e Alberto non ci siamo parlati molto, se non per decidere quando prendere insieme il benedetto gel energetico; chissà se anche lui, come me, stava già fantasticando su quanto avremmo trovato dopo?
10 km dopo, la vista dello chalet-ristorante ci porta una grande gioia, sia per la fine della mortale foresta, sia per l’inizio di quello che è il tratto di strada più caratteristico del monte, che porta in vetta snodandosi tra una distesa di rocce chiare con pochissima vegetazione, una distesa brulla che è raro incontrare e che contrasta nettamente con la sottostante vegetazione.
In mezzo la strada, che si snoda elegante nella pietraia con pendenza inizialmente modesta (6%), qui si avverte fin da subito la presenza del vento, che si fa sentire specie quando la strada prende la direzione nord, quella da cui proviene il Mistral.
In questi tratti bisogna piegarsi sul manubrio e spingere sui pedali, stringendo i denti; la vista dell’osservatorio meteorologico sulla vetta, prima distante, poi sempre più vicina, ti dà la carica, quasi quasi dimentichi il freddo e la stanchezza.
Poco prima della vetta è d’obbligo fermarsi sul monumento dedicato a Tom Simpson, ciclista Inglese morto in quel punto durante il Tour de France del 1967: è uso lasciare sul posto una borraccia, cosa che abbiamo fatto prima di proseguire, dopo l’indispensabile selfie, ormai vicinissimi alla vetta.
L’ultimo tornante a dx prima del piazzale dell’osservatorio è una grande emozione, sai che ormai ce l’hai fatta; guardo Alberto, compagno di fatiche e in un attimo siamo sul piazzale, a goderci il vento, il panorama e i pochi ciclisti presenti.
Fa freddo ma lo scenario è magnifico, l’osservatorio imponente sopra di noi, l’unica attività dove eventualmente ci si potrebbe riparare, un negozio di souvenir, chiuso: qualche foto per i posteri, un veloce cambio di abito, indossando tutto quello che si può e via, in discesa verso Malaucene.
In realtà alla prima curva è stato necessario fermarsi, quello che si ci si è presentato davanti agli occhi, il versante nord del monte, ti obbliga a fermare la bici per ammirare la vista delle montagne circostanti: sembra di stare sulla cima del mondo e guardare tutto dall’alto, una sensazione speciale, siamo contenti di essere qui.
Gli effetti del vento li vedi subito, i primi km di discesa sono da percorrere con attenzione per via dei numerosi sassi caduti sulla strada, non ti lamenti solo perché la tua attenzione è tutta per le mani, congelate, qualche tornante dopo, in un punto soleggiato, ci fermiamo per riscaldarle.
Ritrovo quella sensazione già provate altre volte nelle fredde discese, la difficoltà di controllo della ruota anteriore che non deriva da problemi meccanici ma semplicemente dal tremore delle braccia infreddolite che si trasmette sul manubrio e rende instabile la guida: un paio di ciclisti Inglesi soffrono dello stesso problema e ridiamo della cosa, ci siamo capiti senza parlare.
La discesa, scesi un poco di quota, riporta temperature più gradevoli ed è una goduria, asfalto in buone condizioni che scorre tra una vegetazione di tipo mediterraneo, curve da infilare una dietro l’altra controllando la velocità per non arrivare lunghi alla successiva, è un attimo se molli i freni.
E siamo a Malaucene, anche qui ritroviamo negozi per ciclisti e poi una stradina stupenda, sempre su e giù, che riporta a Bedoin, dolci pendenze che non ci affaticano ulteriormente: alla fine del giro i km fatti sono 55 per 1780 metri dii dislivello, siamo soddisfatti.
Una doccia veloce, un panino e via, di nuovo in auto, direzione inversa, lo sguardo sulla strada mentre la mente è ancora lassù, sul Mont Ventoux, un esperienza ciclistica da non perdere e assolutamente da ripetere, questa volta con Dario e magari da un altro versante.
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