mercoledì 15 febbraio 2012


Aspirante possessore del nuovo passaporto elettronico nonché novello comasco, due settimane fa mi recavo presso la questura di Como dopo aver prenotato on-line l’appuntamento per la consegna di tutti i documenti necessari, questa possibilità l’ho appresa sul web e mi è parsa molto utile.
All’ingresso, dove ho chiesto a quale ufficio dovessi rivolgermi, sono stato indirizzato verso una cospicua coda di non meno di 50 persone, ahimè lo standard Italico in questi casi, mentre riflettevo sul mio appuntamento on-line delle ore 10.35 non ho potuto che indirizzare epiteti come si fa in questi casi.
Invece no! Mentre girovago con le pupille per l’androne del palazzo, mica ti scorgo uno sportelletto laterale, messo un po’ in disparte con un cartelletto sopra con sù scritto “appuntamento on-line passaporto”?
Davanti nemmeno un’anima, mi ci sono spostato, la gentile agente ha esordito con: lei è in ritardo!-è vero, mi scusi, sono comasco da poco e non avevo idea del traffico locale.
Detto questo in 2 minuti ero fuori, felice di questo piccolo grande passo dell’umanità verso un mondo di servizi efficienti e rapidi, ho pensato che l’estrema vicinanza del confine elvetico ha positivamente contagiato anche noi.
Oggi, dopo aver verificato telefonicamente che il passaporto fosse pronto, sono tornato in questura a Como, all’entrata mi hanno nuovamente indicato la “solita” coda presente davanti allo sportello della consegna dei documenti, mi ci sono messo e ho fatto ri-roteare le cornee in giro per il salone.
A fianco allo sportello aperto, l’unico, c’è quello per il ritiro dei passaporti, che è chiuso, mi sono avvicinato per chiedere spiegazioni all’agente presente all’interno.
Il tale mi ha sgarbatamente risposto di tornare in fila, che mica ritirare un passaporto è come andare a prendere il pane, loro avevano da fare.
Ho fatto la fila, ho ritirato alla fine il passaporto, sono uscito con il solito senso di amarezza e frustrazione che accompagna solitamente noi Italiani.
Ho scritto al questore di Como una mail, raccontandogli l’accaduto, forse non servirà a niente tranne che alla mia coscienza, ma è già qualcosa.

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